Le riforme da fare

Ho assistito venerdì scorso al dibattito sulla “separazione delle carriere” fra Piercamillo Davigo

I mali della giustizia sono i procedimenti infiniti e le correnti. Dalla moto di Woodcock ai calzini di Mesiano: i magistrati dovrebbero vivere come i preti

Ho assistito venerdì scorso al dibattito sulla “separazione delle carriere” fra Piercamillo Davigo e il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Io mi sono laureato in Giurisprudenza con Gian Domenico Pisapia, l’autore del nuovo Codice di procedura penale del 1988 con una tesi su “Libertà di stampa e segreto istruttorio”, che mi valse il 110 e lode e che mi pare ancora molto attuale.

Bene. Ci ho cpaito poco. I relatori parlavano uno strettissimo “giuridicese”, quasi più ostico del “marxese” usato oggi dall’ultimo giornale veramente di sinistra, il manifesto. Quando ero giovane cronista all’Avanti! facevo la giudiziaria e inoltre, avendo avuto ventitré processi, tutti vinti, ho qualche esperienza fatta sulla mia propria pelle. Quindi dello iure dovrei sapere qualcosa.

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