Introduzione
Ormai da giorni, una forte tensione diplomatico-politica si è accesa tra gli Stati Uniti e Israele. Al centro: un attacco compiuto da Israele a Doha, in Qatar, che secondo Donald Trump – Presidente degli Stati Uniti – e vari funzionari americani starebbe “sabotando” i negoziati di pace in corso tra Israele e Hamas. Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano, è accusato di prendere decisioni unilaterali che mettono in pericolo i tentativi diplomatici avviati, soprattutto quelli mediati da Qatar e sostenuti dagli USA.
Questo articolo ricostruisce: cosa è successo, quali sono le accuse, le posizioni ufficiali, i rischi, e gli scenari che si profilano.
Cos’è successo: fatti recenti
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Il giorno 9 settembre 2025, Israele ha effettuato un attacco aereo a Doha, Qatar, indirizzato verso membri di Hamas che risiedono lì o che si ritiene operino da lì. Wikipedia+3Reuters+3Reuters+3
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L’attacco ha provocato morti: secondo le fonti, almeno cinque membri di Hamas e un ufficiale della sicurezza interna del Qatar. Tre fonti qatariote hanno contestato che ci fosse un avviso preventivo adeguato; il Qatar ha detto che nessun “heads-up” utile era stato ricevuto prima dell’attacco. Wikipedia+3Reuters+3Reuters+3
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Netanyahu ha difeso l’operazione sostenendo che fosse necessario colpire la leadership di Hamas in esilio, ritenuta responsabile di attacchi, compresi quelli del 7 ottobre 2023. Reuters+1
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Trump ha reagito con rabbia: ha detto di essere “molto insoddisfatto” (o “very unhappy”) per l’attacco. Ha precisato che la decisione è stata presa da Netanyahu, non da lui. Afferma che un attacco unilaterale dentro un paese sovrano, alleato degli USA e mediatore nei negoziati, “non serve gli interessi né di Israele né degli Stati Uniti”. AP News+3Reuters+3Wikipedia+3
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Funzionari dell’amministrazione Trump e membri del Dipartimento di Stato avrebbero espresso preoccupazione che tali azioni possano “sabotare” i colloqui di cessate il fuoco (ceasefire), di rilascio ostaggi, e più in generale i negoziati di pace. Yahoo+1
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Qatar e vari paesi arabi hanno condannato l’attacco, sostenendo che danneggia i colloqui in corso, che già erano fragili. Doha ha definito l’attacco una violazione della sovranità nazionale. Reuters+2Politico+2
Le accuse precise di Trump contro Netanyahu
Trump non ha semplicemente criticato il raid: le sue accuse sono più profonde e articolate. Eccole nei dettagli:
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Decisioni unilaterali
Secondo Trump, Netanyahu ha preso l’iniziativa senza coordinarsi sufficientemente con gli Stati Uniti. L’attacco a Doha sarebbe avvenuto “troppo in fretta”, senza avvisare o consultare Washington nei tempi utili. Reuters+2Wikipedia+2 -
Sabotaggio diplomatico
L’attacco è visto da Trump e da altri come un tentativo di Israele di mantenere una posizione dura nei negoziati: colpire la leadership di Hamas mentre sono in corso mediazioni potrebbe essere interpretato come voler far saltare il tavolo o alzare la posta. Studiando il modo in cui Hamas e i mediatori hanno reagito, vari osservatori USA temono che questo indebolisca la fiducia necessaria per portare avanti gli accordi. Yahoo+2Reuters+2 -
Danno agli interessi USA e regionali
L’attacco mette in difficoltà la posizione diplomatica americana, specie con il Qatar e altri partner arabi che stanno facendo da mediatori. Il rischio è che il conflitto si allarghi diplomaticamente o che i paesi mediatori si stacchino o diventino meno collaborativi, se ritengono che la mediazione non venga rispettata come dovrebbe. Reuters+1 -
Perdita di fiducia
Funzionari statunitensi, secondo le fonti, sono preoccupati che la credibilità degli Stati Uniti come mediatore possa essere compromessa se alleati come Israele mostrano di operare indipendentemente o in contrasto con gli sforzi diplomatici che gli USA promuovono. Reuters+2PBS+2
Le posizioni di Netanyahu e di Israele
Netanyahu e il suo governo difendono le loro scelte con argomentazioni concrete, ma sollevano anche questioni strategiche e morali che rendono il dibattito complesso.
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Obiettivo: eliminare Hamas
Il governo israeliano insiste che Hamas, come organizzazione militare e di governo nella Striscia di Gaza, rappresenti una minaccia. Parte della strategia di Netanyahu è che per qualsiasi pace duratura sia necessario neutralizzare questa minaccia militare. Colpire i vertici (anche se in esilio o in paesi stranieri) è una modalità che Israele ritiene giustificabile in termini di autodifesa. Wikipedia+1 -
Tempismo dell’azione
Netanyahu sostiene che le opportunità militari non durano: se esiste un bersaglio ritenuto legittimo e realizzabile, l’azione è stata effettuata quando le circostanze lo permettevano. L’argomento è che ritardi o esitazioni permettono a obiettivi di fuggire o prepararsi. Wikipedia -
Critica agli ostacoli diplomatici
Secondo Israele, Hamas e altri attori usano la diplomazia come copertura per rafforzarsi. Da questa prospettiva, pur riconoscendo che i negoziati sono necessari, Netanyahu crede che siano inutili se non accompagnati anche da pressione concreta. Reuters+1
Il ruolo del Qatar, degli Stati Uniti e dei mediatori
Qatar
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Qatar è da tempo parte attiva nella mediazione tra Israele e Hamas, ospitando negoziatori, facilitando scambi di messaggi e tentando di sostenere proposte di cessate il fuoco e rilascio ostaggi. Reuters+2Reuters+2
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Doha ha reagito con feroce condanna all’attacco israeliano, accusando la violazione della sua sovranità, denunciando che l’attacco mette a rischio la fiducia nei mediatori, e definirlo “terrorismo di Stato” da alcuni funzionari. Reuters+1
Stati Uniti
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Trump ha espresso pubblicamente disappunto, dicendo che non era stato informato – almeno non in tempo utile – che l’attacco sarebbe avvenuto, e che la modalità non è accettabile per un alleato come il Qatar. AP News+3Reuters+3Wikipedia+3
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Funzionari dell’amministrazione USA parlano di preoccupazione su come Israele stia conducendo le operazioni militari in modo da danneggiare (o addirittura vanificare) gli sforzi diplomatici. Yahoo+1
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USA continuano a sostenere la proposta di cessate il fuoco, rilascio ostaggi, condizioni per la pace, e cercano di mantenere aperti i canali con tutti i mediatori. Ma la fiducia, si dice, è al momento sottoposta a serio stress. Reuters+1
Altri mediatori / comunità internazionale
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Altri paesi arabi, organizzazioni internazionali e ONG sollevano allarmi riguardo alle vittime civili, al diritto internazionale e alle conseguenze umanitarie.
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Il tema della sovranità di stati mediatore come il Qatar diventa sensibile: attacchi sul loro territorio o contro persone che vi operano possono avere ricadute diplomatiche gravi.
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Altri attori internazionali sottolineano la necessità che qualsiasi accordo di pace/dei negoziati non sia solo verbale ma sostenuto da misure che garantiscano credibilità, trasparenza e responsabilità reciproca.
Implicazioni politiche e diplomatiche
Per la pace con Hamas / Gaza
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Il rischio concreto è che l’attacco “rompa” la fiducia. Se Hamas o i mediatori percepiscono che Israele non rispetti le condizioni informali dei negoziati, potrebbero ritirarsi dagli accordi, porre condizioni più dure, o ritardare.
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Potrebbero esserci ritardi nel rilascio degli ostaggi: già uno dei punti più delicati e simbolici dei negoziati. Se Hamas ritiene che Israele stia agendo in modo sleale, la pressione interna su di loro per non cedere potrebbe aumentare.
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Anche gli accordi di cessate il fuoco rischiano di essere messi in pausa o interrotti, o di non essere pienamente rispettati.
Per la politica interna negli USA
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Trump, che ha fortemente investito nella promozione dell’idea che possa mediare una pace duratura, rischia di subire danni di credibilità se le operazioni militari altrui (di un alleato) apparissero contrarie alla diplomazia USA.
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Il Congresso, i media e le opinioni pubbliche stanno già facendo domande: qual è la linea precisa della Casa Bianca? Quanto può controllare o influenzare le azioni di Israele? Quanto il “supporto” viene bilanciato da freni e responsabilità?
Relazioni con il mondo arabo e altri alleati
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Gli alleati arabi che stanno mediando (es. Qatar) rischiano di essere messi in posizione scomoda: se continuano a mediare ma percepiscono attacchi o violazioni della loro sovranità, potrebbero cessare la cooperazione o reagire politicamente.
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Paesi che forniscono appoggio diplomatico agli USA nel contesto mediorientale potrebbero prendere le distanze da alcune azioni israeliane se queste sembrano ostacolare la pace.
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L’immagine statunitense come arbitro credibile potrebbe risentirne: se molti percepiscono che Israele procede indifferentemente agli avvertimenti americani, l’autorità diplomatica degli USA può indebolirsi.
Le critiche e gli argomenti contrari
Non tutti accettano la versione secondo cui Netanyahu stia sabotando deliberatamente i negoziati. Ecco le principali difese o argomenti contrari:
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Necessità di sicurezza
Dal punto di vista israeliano, la sicurezza dello Stato è prioritaria. Hamas è considerata non solo un interlocutore politico, ma un’organizzazione che ha lanciato attacchi, preso ostaggi, e continua a operare militarmente. Se ci sono opportune informazioni, colpire leadership o infrastrutture può essere visto come parte della legittima difesa. -
Ambiguità e opportunità
Alcuni sostengono che la diplomazia non possa essere un recinto chiuso: ci sono momenti in cui l’azione militare può creare condizioni nuove, costringere l’altra parte a sedersi al tavolo, o rompere impasse. -
Non tutto è sotto controllo di Netanyahu
Alcuni atti, come movimenti sul campo o risposte di intelligence, possono avvenire anche con un certo grado di autonomia operativa. Le affermazioni di Trump stesso (che la decisione è stata presa da Netanyahu) sottintendono che gli USA non abbiano dato l’ordine, ma non implicano necessariamente che ci fosse un intento sabotatore premeditato nei confronti del negoziato. -
La posizione di Hamas
Hamas non è un interlocutore uniforme e trasparente; spesso le sue condizioni per partecipare ai negoziati sono molto esigenti e alcune sono considerate dagli osservatori internazionali come poco realistiche o tattiche. Alcune critiche indicano che Hamas utilizza la diplomazia quando è conveniente, ma anche scuse per guadagnare tempo o legittimarsi.
Le conseguenze umanitarie
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L’attacco ha causato vittime civili inclusi membri delle forze di sicurezza del Qatar, e membri di Hamas. Ogni vittima alimenta il risentimento, le denunce internazionali e mette l’operato di Israele sotto maggiore scrutinio. Reuters+1
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I civili a Gaza continuano a subire la guerra: bombardamenti, blocchi, scarsità di beni essenziali. Se i negoziati si arenano, la sofferenza potrebbe aumentare.
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Il rilascio degli ostaggi è un tema centrale con impatti umani drammatici. Se i colloqui subiscono battute d’arresto, le famiglie degli ostaggi vivono con angoscia crescente.
Trump e la sua retorica: “furioso”, “molto insoddisfatto”
Trump ha usato una retorica forte:
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Ha detto di essere “not thrilled” (non entusiasta) dell’attacco. Reuters+1
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Ha affermato che una azione unilaterale come colpire dentro uno stato sovrano alleato non aiuta gli obiettivi di pace americani o israeliani. Reuters+1
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Ha preso distanza, dichiarando che non aveva approvato formalmente il raid (almeno non nei termini in cui è avvenuto), ma che gli era stato detto che si sarebbe verificato; tuttavia, ha detto che l’avvertimento non è arrivato in tempo utile per prevenirlo. Reuters+1
Questa posizione è significativa: non è solo una dichiarazione di principio, ma segna una tensione concreta fra il presidente USA e il primo ministro israeliano, che tradizionalmente sono alleati molto stretti su molti fronti.
Il contesto più ampio
Per capire davvero cosa significa tutta questa vicenda, bisogna inquadrare nel contesto:
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Guerra in Gaza: da ottobre 2023, il conflitto fra Israele e Hamas ha provocato migliaia di vittime, distruzioni diffuse, crisi umanitarie enormi. Le pressioni per un cessate il fuoco, per il rilascio degli ostaggi, per mediazioni internazionali sono costanti.
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Ruolo dei mediatori: Qatar è fra i principali; altri attori (paesi arabi, EAU, forse Turchia, organizzazioni internazionali) cercano di tenere aperto un canale di dialogo.
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Obiettivi USA: Trump ha promosso proposte di pace, sostenuto iniziative per il cessate il fuoco, espresso l’ambizione che l’America possa essere “arbitro credibile” in Medio Oriente.
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Pressioni interne in Israele: Netanyahu è sotto forti pressioni dalla destra, dagli alleati che spingono per un atteggiamento duro verso Hamas, per la difesa della sicurezza, meno compromessi. Ci sono questioni politiche interne, coalizioni fragili, elettorato sensibile a violenze e attacchi.
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Opinione pubblica internazionale: crescente preoccupazione per le vittime civili, le condizioni umanitarie a Gaza, le violazioni del diritto internazionale, e più in generale della stabilità regionale.
Scenari futuri: quali possibili vie d’uscita, cosa potrebbe accadere
Di seguito alcuni scenari che potrebbero svilupparsi, a seconda di come i vari attori reagiranno:
| Scenario | Possibilità di accadimento | Implicazioni principali |
|---|---|---|
| Dialogo rafforzato e compromessi | Potrebbe accadere se Israele accetta di moderare le sue operazioni militari in territorio mediatore (Qatar), di concordare azioni preventive con USA, e di dare più garanzie su sicurezza + rilascio ostaggi. | Possibile avanzamento nel cessate il fuoco, ritorno alla fiducia diplomatica, cooperazione internazionale, potenziale rilancio delle mediazioni. |
| Escalation militare / diplomatica | Se Israele riprende attacchi unilaterali, se Hamas reagisce o se Qatar / altri mediatori ritirano la partecipazione attiva, oppure se gli USA innalzano le sanzioni diplomatiche. | Maggiore instabilità, possibile coinvolgimento di più attori regionali, deterioramento delle condizioni di vita a Gaza, perdita credibilità USA, più tensione nei rapporti arabo-israeliani. |
| Stallo negoziale prolungato | Se nessuno dei due lati accetta di cedere molto: Israele per ragioni di sicurezza, Hamas per ragioni politiche, USA e mediatori restano in posizione diplomatica ma con scarso potere coercitivo. | Crisi umanitaria che continua, pressione internazionale crescente, possibile aumento di azioni unilaterali da parte di gruppi più radicali, maggiore radicalizzazione. |
| Mediazione internazionale rafforzata | Coinvolgimento maggiore di attori terzi con credibilità (ONU, Unione Europea, paesi arabi moderati), pressioni diplomatiche, possibili incentivi economici per promuovere concessioni reciproche. | Potrebbe portare a qualche forma di accordo parziale, magari un cessate il fuoco temporaneo, scambi ostaggi, condizioni per sollievo umanitario, preparazione per negoziati più strutturati. |
Considerazioni legali ed etiche
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Sovranità nazionale
Attaccare un territorio di un paese mediatore (Qatar) richiama questioni delicate di diritto internazionale: la violazione della sovranità, il rischio di escalation diplomatica, il rispetto degli accordi fra stati. -
Responsabilità verso i civili
Ogni azione militare deve considerare il rischio di danni collaterali e vittime civili. La perdita di vite innocenti indebolisce le legittimazioni morali e può alimentare odio, vendette, ritorsioni. -
Uso della forza vs diplomazia
L’attacco fa emergere il dilemma: fino a che punto un’azione militare può coesistere con negoziati di pace? Se la diplomazia è in corso, un’azione bellica può minarne la fiducia, ma dall’altra parte l’inerzia può essere vista come debolezza o indecisione. -
Trasparenza e avvisi
Trump accusa che non siano stati dati sufficienti avvisi a Doha. Questo aspetto è fondamentale nella prassi delle relazioni internazionali: il preavviso, la consultazione, il coordinamento tra alleati vengono visti come segni di rispetto e fiducia reciproca.
Come si è arrivati fin qui: retroscena
Diversi elementi storici e recenti hanno preparato il terreno per questa tensione:
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Gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, che hanno causato molte vittime in Israele, hanno radicalizzato il conflitto, spingendo il governo israeliano ad assumere posizioni di sicurezza molto dure.
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Da allora, il fronte militare e diplomatico è quasi costantemente in tensione: cessate il fuoco parziali, mediatori più volte coinvolti, proposte che però si scontrano con le richieste “di guerra totale” o “di eliminazione di Hamas” poste da Israele.
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Trump stesso ha proposto piani ambiziosi (e controversi) per Gaza, incluso il suo progetto di ripristinare zone di amministrazione americana, ricostruire, pulire ordigni esplosivi, e altre misure che alcuni critici definiscono poco realistiche o problematiche in termini di diritti internazionali. Wikipedia
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Internamente, Netanyahu è sotto pressione da parte di partiti della destra radicale o nazionalista che chiedono rigore assoluto, meno compromessi. Ciò limita la flessibilità politica.
Reazioni internazionali
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Qatar: condanna forte, accuse di avere la sua sovranità violata, dichiarazioni che tali azioni minano i colloqui di pace. Reuters+2Politico+2
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Paesi arabi mediatori / vicini: preoccupazione, disgusto, alcune richieste formali che venga spiegato il raid e che non si ripetano azioni simili.
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Organizzazioni internazionali / ONG: richieste di trasparenza, rispetto del diritto internazionale, protezione dei civili, maggiore pressione diplomatica su Israele affinché rispetti gli impegni negoziali.
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Altri paesi occidentali: divisioni: alcuni comprensivi verso le necessità di sicurezza israeliane, altri invece pesantemente critici per l’azione che considerano controproducente per la pace.
Impatto mediatico e opinione pubblica
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Le famiglie degli ostaggi, come riportato dalle cronache, sono molto critiche: “ogni volta che c’è un progresso nei negoziati Netanyahu bombarda qualcuno”, si lamentano. RaiNews
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I media internazionali evidenziano il rischio che tali attacchi alimentino narrativa di “guerra infinita”, che la pace sia usata solo come retorica.
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In Israele, parte dell’opinione pubblica sostiene la necessità di fermezza, ma cresce anche il malcontento per le conseguenze diplomatiche, economiche e reputazionali.
Analisi dei rischi principali
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Perdita di credibilità diplomatica
Se gli USA o altri mediatori appaiono incapaci di influenzare le azioni di Israele, potrebbero essere visti come deboli o come copartners in azioni unilateraliste, riducendo la capacità di pressione diplomatica. -
Allontanamento dei mediatori
Qatar o altri paesi potrebbero dirsi stufi di sostenere colloqui che vengono poi “danneggiati” da operazioni militari israeliane. Potrebbero ridurre il loro impegno, ritirarsi dalla mediazione, o alzare le condizioni per la partecipazione. -
Escalation militare
Se Hamas o altri gruppi reagiscono, potrebbero intensificarsi i bombardamenti, le rappresaglie, con danni civili maggiori e coinvolgimento potenziale di altri attori regionali. -
Fratture interne in Israele o negli USA
In Israele, la coalizione di governo potrebbe dividersi: fazioni più radicali contro la necessità di compromesso diplomatico. Negli USA, critiche bipartisan se l’amministrazione Trump è vista come incoerente o incapace di far valere le proprie posizioni. -
Impatto umanitario crescente
Gaza continuerebbe a subire la crisi: sfollati, morti civili, problemi con gli aiuti, con la scarsità di acqua, cibo, medicine. Ogni ritardo nei negoziati si traduce in più sofferenza.
Cosa serve per riprendere la rotta del dialogo
Per evitare che la tensione degeneri, e per dare una possibilità concreta di pace, potrebbero essere necessarie alcune misure chiave:
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Trasparenza e consultazioni preventivi
Gli alleati e mediatori devono essere avvertiti con sufficiente anticipo quando si ha in mente un’azione militare in paesi terzi, specialmente se questi sono mediatori ufficiali. -
Limiti ben definiti all’azione militare durante i negoziati
Un patto de facto (anche se non formale) fra Israele e USA / mediatori per sospendere o limitare operazioni che possono essere percepite come provocazioni nei momenti critici del negoziato. -
Incentivi per compromessi reciproci
Offrire a Hamas incentivi credibili (protezione, garanzie, assistenza, condizioni post-guerra) in cambio di passi concreti. Allo stesso modo Israele dovrebbe fornire segnali di buona fede: cessate il fuoco parziali, rilascio ostaggi, riduzione immediata di bombardamenti in aree civili. -
Maggior ruolo di mediatori terzi credibili
Organizzazioni internazionali come l’ONU, stati arabi moderati, paesi neutrali che possano svolgere ruolo terzo, garantendo che gli accordi vengano rispettati e monitorati. -
Pressione diplomatica sostenuta
L’America e altri paesi devono fare uso di leve diplomatiche (risorse, diplomazia pubblica, cooperazione economica) per convincere Israele a rispettare le condizioni, ma anche per motivare Hamas a essere più flessibile.
Conclusione
La frattura crescente tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu suona come uno spartiacque potenziale nel conflitto israelo-palestinese: non solo una disputa tattica, ma qualcosa che potrebbe influire profondamente sulla possibilità stessa di pace. Quando le operazioni militari corrono parallele ai negoziati in modo conflittuale, la diplomazia diventa fragile, la speranza si consuma, e i più colpiti sono i civili e le famiglie degli ostaggi.
La sfida adesso è enorme: trovare un punto di incontro tra le esigenze di sicurezza di Israele, il desiderio di pace e giustizia di Hamas e dei Palestinesi, il ruolo degli USA come mediatore credibile, e la responsabilità morale e politica della comunità internazionale.
Se Netanyahu continua con attacchi unilaterali nei territori di paesi mediatori, o ignorando le obiezioni di Washington, il rischio è che il negoziato cada in pezzi. Se invece ci sarà una seria volontà di moderare le azioni militari, dare segnali di fiducia e cooperare concretamente, c’è ancora spazio per evitare una deriva che può portare più violenza, meno pace.
