Flavio Briatore è pronto a sbarcare a Napoli con la sua costossima pizza: 17 euro per la Margherita nella patria del piatto più famoso al mondo. Scoppia immediatamente la polemica sui social tra indignazioni varie ma l’imprenditore non ci sta e in un’intervista al Corriere della Sera dice che non è esagerato questo prezzo perché è lo stesso che ha Roma e Milano: “Non lo dico per provocazione ma perché sono convinto che il prezzo di 17 euro per gustare una buona pizza in un locale di lussoservito da personale qualificato, con dj set e divertimento sia assolutamente corretto”. Ma è davvero giusto questo prezzo? Vediamo di analizzare i fatti.
Il bello e il brutto della legge del mercato
La questione si riduce in termini brutale: se Briatore riesce a vendere questa pizza a 17 euro allora ha ragione luise non la vende e fallisce, allora hanno ragione i detrattori. E il mercato libero ed è il mercato a fare il prezzo di ogni cosa. Dal punto di vista imprenditoriale può avere senso tenere gli stessi prezzi per tutti i punti di vendita del franchising ma i conti si fanno sempre a fine mese: se in bilancio c’è il segno”+“allora c’è poco da dire.
Forse però la piazza di Napoli potrebbe essere leggermente diverso Non solo per l’ossessione macchiettistica che i napoletani hanno verso i propri piatti tipici, e lo dico da napoletano, ma perché di base il concetto di Crazy Pizza è legato al turismo alto-spendente. A chi si rivolge questo prodotto nella città partenopea? Napoli vive di un turismo mordi e fuggi, a basso costo, per persone comuni che vogliono immergersi nella storia e nella cultura di questa città. Quello che trovano i viaggiatori una volta giunti a Napoli è poi un altro discorso: la città ha abdicato da tempo alla propria autenticitàdando al turista lo stereotipo che lo stesso si aspetta di vedere con Balli, canti, urla incontrollabile e un fiume di frittura maleodorante. Faccio davvero fatica quindi a pensare che un turista medio possa scegliere Crazy Pizza in città, vista la concorrenza spietata a cui dovrà far fronte.
Penso anche che all’inizio sarà un successone perché in quella Napoli macchiettistica sopra descritta c’è anche un altro stereotipo, quello che ormai abbiamo imparato a conoscere su Tic toc: il napoletano incattivito che non vede l’ora di parlare male degli altriquello che fa di tutto per farsi vedere e che ci tiene a far sapere quanto abbia Speso in un locale. Mi immagino decine di questi soggetti intenti a disquisire della maturazione di questa pizza, di quanto sia Biscottosa e lontano dagli napoletani standard (e grazie, è un’altra tipologia), di quanto costi rispetto alle altre pizze. Una sequela di banalità che però fanno il gioco di Briatore: a lui poco importa se chi va a fare i video critica la pizza purché alla fine paghi lo scontrino e quindi contribuisca al segno “+” a fine mese.
Il punto qui è un altro: quanto durerà? In tutta onestà Spero che duri perché porta posti di lavoro e il Napoli ha un disperato bisogno di lavoro e di contratti adeguati. Da questo punto di vista sembra che Briatore sia inattaccabile. Sulla qualità effettiva della pizza invece non mi esprimo: non l’ho mai assaggiata e non so se l’assaggerò perché sì, per me 17 euro per una Margherita sono fuori da ogni logica. Inoltre mi fido di chi l’ha bocciata, come gli esperti critici Barbara Guerra e Alberto Sapere che dopo la prima ondata di polemiche di qualche anno fa andarono a provarla in prima persona e non ne rimasero colpiti, anzi.
Ci tengo a sottolineare anche un altro punto: il problema non è la pizza scrocchiarella anche se le principali critiche che arriveranno da Napoli saranno su questo punto. La pizza scrocchiarella romana è una delizia, se fatta bene. Il problema è (o sembra essere) proprio la pizza di Briatore che al momento è come il calabrone di Saviano: non dovrebbe aprire le pizzerie ma lui non lo sa e le apre lo stesso.
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